Salvare una vita

Salvare una vita

Annunciare l’unica salvezza in Cristo (cfr. Mc 10, 35-45).

Una delle motivazioni che mi hanno spinto a diventare volontario della Croce Rossa, quando avevo quindici anni, era l’idea che avrei potuto salvare qualcuno. Eravamo un gruppo di volontari che, con l’aiuto di una squadra di paramedici dello stato della California, avevamo raggiunto una discreta padronanza delle tecniche di rianimazione e abbiamo potuto effettivamente salvare alcune vite.

Con il passare del tempo mi resi conto che questa “salvezza” era solo temporanea. Presto o tardi, la tecnica e la scienza medica si sarebbero dichiarate impotenti davanti alla morte. Solo quando ho sentito la chiamata di Dio al sacerdozio seppi che mi trovavo, allora sì, davanti a una potenza salvatrice di proporzioni differenti. La salvezza piena e definitiva dell’uomo è la vita eterna. E questa la offre solo Gesù Cristo.

La Chiesa ha ricevuto la missione di continuare l’opera di salvezza di Gesù nel mondo. Questa opera continua a essere oggi tanto urgente e decisiva com’era ai tempi di Gesù. Oggi si dispiega sotto l’impulso dello Spirito Santo, per rispondere in modo sempre nuovo, sempre creativo alla sete di vita eterna che sussiste in ogni cuore umano. Oggi, in particolare, si potrebbe dire, questa sete ha un nome specifico: misericordia. L’uomo, la società, il mondo di oggi hanno una profonda necessità di misericordia. Le miserie si sono moltiplicate; le sofferenze si sono diversificate; le ferite a volte si sono incancrenite e in un certo modo, perpetuate.

Annunciare il Vangelo, oggi, significa offrire all’uomo di oggi l’unica vera possibilità di salvezza che ha: il Cuore Misericordioso di Dio stesso. Mi hanno commosso le parole di Benedetto XVI, a questo proposito, nel messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale del 2012: «Dobbiamo essere attenti verso i lontani, quelli che non conoscono ancora Cristo e non hanno sperimentato la paternità di Dio».

Gesù è venuto al mondo, proprio per rivelarci che Dio ci ama, che Dio è Padre e che noi siamo suoi figli. Il nuovo impegno della Chiesa per evangelizzare il mondo – la cosiddetta “Nuova Evangelizzazione” – si può forse sintetizzare nell’aiutare l’uomo di oggi a non credersi né sentirsi più orfano. Perché questa orfanezza, questa perdita dell’esperienza della paternità di Dio comporta inoltre un’altra perdita: l’esperienza di essere “figlio”. Chi perde questa cognizione, cioè, chi non si sa né si sente figlio, in fondo non si sa né si sente amato, protetto, amato per se stesso.

La grande sfida della Chiesa oggi è convincere l’uomo che è figlio di Dio e aiutarlo a sentirsi profondamente amato da lui. Dio ci ama, non perché siamo buoni; forse nemmeno affinché lo diventiamo. Lui ci ama perché siamo suoi figli. E vuole che lo siamo per sempre. Salvarsi significa credere in questo amore divino che al tempo stesso guarisce e trasforma. Ovviamente questo “credere” è molto più di un “rendersi conto”; è un’adesione all’amore di Dio e un lasciarsi trasformare da Lui per condurre un’esistenza nuova, fiduciosa, piena di significato.

Il Vangelo dice anche che «Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo» (Mc 16, 16). La salvezza nella Chiesa si realizza, in modo speciale e concreto attraverso i sacramenti. La misericordia di Dio si fa concreta, palpabile, in ogni sacramento. Loro sono la “mano salvatrice” che Dio tende all’uomo che naufraga tante volte nella vita. La Chiesa possiede in questo senso, una ricchezza enorme, mezzi di soccorso sempre disponibili, una capacità salvatrice che il suo Fondatore le ha regalato.

Ciascuno ha le sue motivazioni – la sua benzina – per affrontare la vita e le sue sfide. La mia motivazione, come sacerdote, è soprattutto la coscienza di essere strumento dell’amore di Dio per le anime. Oggi più che mai, ogni volta che amministro un sacramento, sento che veramente sto salvando qualcuno.

aortega@legionaries.org

P. Alejandro Ortega Trillo è autore dei libri “Vizi e virtù” e “Guerra en la alcoba”.

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