Le luci del cieco

Cfr. Mc 10, 46-52

I ciechi vedono meglio di chi ci vede. Almeno certe cose. Helen Keller rimase cieca e sorda all’età di 19 mesi e nonostante queste gravi limitazioni, imparò a scrivere. Alcuni anni dopo lei stessa raccontò: «Ero come un pezzo di sughero insensibile. All’improvviso, non ricordo esattamente come né quando ho sentito nel cervello l’impatto di un’altra mente e mi si sono come risvegliata al linguaggio, al sapere, all’amore, alle solite nozioni sulla natura, sul bene e sul male».

Secondo i suoi biografi, ha imparato i nomi delle cose che poteva toccare; ha imparato a parlare e ad ascoltare con le mani. Ha scritto, tra le altre cose, un libro intitolato Light in my darkness (Luce nella mia oscurità).

Un altro cieco famoso è Andrea Bocelli. Come è evidente, la cecità, ben lungi dall’ostacolare il suo talento, lo ha amplificato. Anche san Francesco d’Assisi, ha dato alla luce il più famoso dei suoi scritti, quando era vecchio e quasi cieco: il Cantico delle creature.

In fondo, questi ciechi hanno visto tanto, grazie alla luce interiore del loro spirito. A proposito del caso Keller, Paul Sperry ha detto che nessuno può apprezzare il segreto del suo sviluppo, senza conoscere qualcosa delle sue basi spirituali. Per lei, la religione era un modo di vivere il quotidiano, e la vita spirituale era tanto reale e pratica quanto la vita naturale.

Anche il Vangelo presenta un caso interessante: il cieco Bartimeo. Anche lui ha visto, forse più di molti di noi che abbiamo la vista. Ha visto la sua condizione di necessità e a volte è già tanto vederla. Ha visto, inoltre, quello che non videro molti, tra coloro che seguivano Gesù: il Messia. E vide infine, anche il mondo con uno sguardo nuovo, appena inaugurato, pieno di ammirazione.

La necessità è una grande luce. Perché ci libera dall’autosufficienza e acuisce i nostri sensi per percepire dove passa Dio. Per questo, la necessità è il preludio di molte preghiere. Il cieco Bartimeo, appena seppe che era Gesù colui che passava, si mise a pregare; fece una preghiera di supplica, intensa, quasi disperata. Sapeva che era, forse, la sua unica opportunità: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». La necessità ammorbidisce il cuore e lascia entrare la luce della speranza. Quanto aiuta a volte, passare attraverso la necessità. Ha detto bene Lacordaire che l’avversità rivela all’anima luci che la prosperità non riesce a percepire.

La seconda visione di Bartimeo fu quella della sua fede. Lui vide in Gesù il Messia. «Figlio di Davide!» gli gridava, utilizzando un’espressione, tipicamente messianica, del popolo giudeo. La fede, non ce lo dimentichiamo, non è una teoria; è un incontro personale con Qualcuno che passa costantemente accanto a noi. Infatti, con maggiore frequenza di quello che immaginiamo. Gesù passa al nostro fianco nelle persone che si avvicinano a noi, con un consiglio, con un buon esempio, con un aiuto concreto. Passa al nostro fianco quando siamo sfiniti o in difficoltà o quando tocchiamo i nostri limiti e le nostre insufficienze. «Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito» dice la Bibbia. E soprattutto, passa al nostro fianco ed “entra in pieno” nella nostra vita con i sacramenti. Manca solo la luce della fede per sperimentarlo.

Che cosa sarà sembrato il mondo a Bartimeo, con la sua vista nuova di zecca? All’improvviso ha visto lo stesso universo che noi abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni. Ha visto il cielo, le nuvole e lo splendore del sole; le montagne e il primo tramonto della sua vita. Più avanti, per la prima volta ha visto la luna e le stelle; e forse dopo essere rimasto sveglio per tutta la notte – era uno spettacolo come pochi altri – la sua prima alba. Tutto, proprio tutto, gli sembrò stupefacente, meraviglioso. La luce dell’ammirazione è una visione nuova del mondo. Significa non perdere la capacità di stupirsi, anche di fronte alle cose ordinarie. Questa luce richiede occhi nuovi, capaci di riscoprire la bellezza di tutta la creazione, a cominciare da quella delle persone. E soprattutto, per percepire la presenza di Dio che passa accanto a noi in ogni creatura; perché ciascuna è anche, a suo modo, rivelazione di Dio. Ed è bello vivere sotto questa luce. Per questo, diceva papa Benedetto XVI:

«La chiarezza e la bellezza della fede cattolica sono ciò che rendono luminosa la vita dell´uomo anche oggi!».

aortega@legionaries.org

P. Alejandro Ortega Trillo è autore dei libri “Vizi e virtù” e “Guerra en la alcoba”.

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