“Se questa è la vocazione io l’ho”
Cecilia Núñez, delegata della direttrice generale per l’Italia, invia un messaggio alle consacrate che festeggiano i loro primi 50 anni.
Carissime consorelle,
In questa data così significativa della nostra storia, l’8 dicembre 2019, faccio mie e rivolgo a voi le parole della nostra direttrice generale Gloria Rodriguez nella lettera che annunciava l’avvio dell’anno di preparazione per il cinquantesimo anniversario.
“Vorrei che la gratitudine che abbiamo nel cuore sia il segno di quest’anno giubilare e che possa rinnovare in ognuna di noi la consapevolezza di essere depositarie di un carisma che ci trascende. Siamo chiamate a trasmettere questo carisma e a metterlo al servizio del mondo e della Chiesa nel Regnum Christi”.
Vi invito a meditare nel vostro cuore queste parole, insieme al motto scelto per quest’anno di grazie: “Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete” (Ez 37, 14).
Ricordiamo inoltre l’invito di Gloria da tenere come musica di fondo di questa ricorrenza: far memoria e avere un orizzonte di speranza.
Così, con le parole di Sant’Agostino con cui il Card. Velasio De Paolis ci ha salutato: “Cantiamo e Camminiamo!” verso l’orizzonte di santità a cui il buon Dio ci invita.
In questa importante occasione Cecilia Núñez ripercorre anche la storia della sua vocazione.
Molte volte avevo sentito nel mio cuore, sin da piccola, il desiderio di essere tutta di Dio, ma pensavo che questo potesse capitare a tutti. Quando ho compiuto 19 anni non ho potuto più dubitare perché i segni erano quelli… ve li racconto con le parole di P. Agostino Gemelli, perché la sua esperienza rispecchia molto la conclusione alla quale anch’io sono arrivata il 1° ottobre 1991.
“Io non so della vocazione altro che quello che volgarmente si intende. Troppo poco mi sono nella mia vita fermato a considerare le cose dello spirito, perché ora sia in grado di valutarle, ancor meno conosco delle cose di religione, così che in questi giorni quando mi sono chiesto che cos’è la vocazione, io non ho avuto nessuna risposta da dare a me. E ieri quando sono uscito da lei io mi sono chiesto – e con un certo timor: che io non abbia questa vocazione che io non conosco che di nome? Eppure sento qualcosa in me di diverso, sento qualcosa di indefinito, indeterminato, che ad un tempo mi fa felice e mi rattrista, che mi dà forza e mi abbatte, col pensiero a volte alla riuscita, a volte alla caduta.
Sento qualcosa che non saprei meglio esprimere che con la parola propulsione. Una propulsione a mia insaputa, al di fuori della mia volontà, al di fuori del mio cervello che mi spinge alla preghiera, all’adorazione di Dio, al pianto nel considerare la mia debolezza e la mia vita trascorsa, alla gioia nel pensare alla possibilità dell’eterna comunione dell’anima con Dio, che a mia insaputa mi conduce ad un tratto in una chiesa, piega le mie ginocchia, e fa articolare alle mie labbra preghiere che non ho mai saputo e piangere di gioia e di dolore insieme.
Quello che so di questo qualcosa che è nuovo in me è che mi sento condotto a fare il bene in onore di quel Dio che mi ha voluto a sé, a pregarlo, a onorarlo; a lasciare tutto il resto che con mille e mille parvenze a tratti mi tenta ancora. Se questa è la vocazione io l’ho. […]”
Ero la più piccola di 4 figli, ed ero sempre quella più preoccupata di mantenere la famiglia unita. Avevo molti sogni: volevo essere campionessa di tennis e sposarmi con l’uomo più bello che ci fosse, immaginavo di riuscire ad avere una grande famiglia, volevo vivere in campagna e avere una fattoria degli animali. Amavo la bellezza, volevo fare del bene, mi piaceva godere appieno della vita.
Quando in un momento di adorazione mi è parso di capire che il Signore mi stava invitando a fare un salto nel buio e a donare la mia vita a Lui… quando ho capito che dire “sì” al sogno di Dio significava rinunciare al mio, ho provato paura. Non potevo nascondere però che c’era anche una gioia profonda nel capire che questi sentimenti e pensieri si chiamavano “vocazione”.
Quando ho detto “sì”, ho provato una pace, un’allegria profonda e una sicurezza che non mi appartenevano. Ero sicura di voler seguire il Signore ovunque mi portasse. Anche il dolore di allontanarmi dalla mia famiglia sembrava poco al confronto di poter donare la vita al servizio di Dio e delle persone alle quali pensavo di affidarmi nel mio percorso. La forza che mi accompagnava e l’intimità con cui riuscivo a condividere con Dio la gioia del Suo invito mi confermava sempre di più che stavo intraprendendo la strada giusta.
Il 15 agosto 1992, festa dell’Assunzione di Maria, ho detto quel “sì” a Dio che mi ha reso nuova, che mi ha fatto fare quello che non avrei mai pensato, che ha fatto uscire il meglio di me.
Ringrazio il Signore che in questi quasi 27 anni di consacrazione mi è stato sempre vicino, nonostante le difficoltà. Non ho mai dubitato della Sua chiamata, né del modo di seguirLo, perché con la Sua grazia capisco ogni giorno che “se questa è la vocazione io l’ho”.
Rendiamo grazie a Dio!