L’etimologia della parola “apostolato” ci offre spunti interessanti per introdurre il tema della terza missione dell’Università.
La parola deriva da “apò” che significa “da” e indica separazione e/o allontanamento e da “stéllo” che significa collocare. La parola composta significa perciò “non essere collocato”, “non avere un luogo fisso”, da cui deriva anche il significato di “essere inviato”.
Una chiesa in uscita
È qui che ha origine l’invito di papa Francesco a essere “chiesa in uscita”. Questa parola rimanda alle parole di Cristo prima dell’Ascensione (Mc 16,15-18): «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo» (Anche la terza missione dell’Università si rifà a questa convinzione, che il bene che si crea tra le mura dell’Ateneo è chiamato ad “uscire”, a “non avere un luogo fisso”, richiamando anche quel principio della filosofia: “bonum est diffusivum sui”, il bene si diffonde).
La dimensione “teandrica”
L’agire di Cristo, in virtù del suo essere contemporaneamente Dio e uomo, ha una dimensione cosiddetta “teandrica”: ha, cioè, carattere divino e umano insieme. Questa stessa dimensione caratterizza l’agire della Chiesa e tutte quelle azioni che noi chiamiamo apostolato. Quest’ultimo, quindi dà risultati che sono, in parte, misurabili empiricamente ma, in virtù di questo duplice carattere, ha una fecondità su un piano trascendente che ha un valore “per la vita eterna”. Acquistare la consapevolezza di questo duplice carattere può dare agli operatori (volontari, missionari, apostoli…) una marcia in più, una motivazione permanente a superare le inevitabili difficoltà, la stanchezza e la tentazione del momento.
Le tentazioni dell’apostolato
In questa linea si colloca l’analisi di papa Francesco a proposito delle “tentazioni” che assediano le opere di apostolato, descritte in dettaglio nell’Esortazione Evangelii gaudium (nn. 78-100): l’egocentrismo, cioè la preoccupazione esagerata per gli spazi personali di autonomia e di distensione, la sfiducia e un certo disincanto nell’impegno per fare il bene, il grigio pragmatismo della vita quotidiana che va degenerando in meschinità, un senso di sconfitta prima ancora di cominciare, il narcisismo e l’individualismo che impediscono le relazioni produttive con gli altri, l’individualismo e l’incapacità di stare con gli altri.
La terza missione dell’università
È utopistico pensare che la terza missione dell’università sia concretamente impregnata di spirito positivo e di grandi ideali in favore dell’uomo? Paolo VI invitava ad essere “medici” della civiltà che vogliamo e sogniamo, una “civiltà dell’amore”. E anche noi vogliamo rispondere, con le parole stesse del Papa alla tentazione di pensare che una terza missione sia una fantasticheria: «Sogniamo noi forse quando parliamo di civiltà dell’amore?», diceva il pontefice, «No, non sogniamo. Gli ideali, se autentici, se umani, non sono sogni: sono doveri. Per noi cristiani, specialmente. Anzi tanto più essi si fanno urgenti e affascinanti, quanto più rumori di temporali turbano gli orizzonti della nostra storia» (Udienza, 31 dicembre 1975). Lavoriamo affinché questo sia l’atteggiamento di tutte le persone che faranno reale ed efficace la terza missione dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.