P. Jesùs Villagrasa, L.C.

Il Regno di Cristo: Storia, Teologia, Vita

Roma, 19 novembre 2015. Si è aperto questa mattina il convegno «Il Regno di Cristo: storia, teologia, vita», organizzato dalla Facoltà di Teologia dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.

Ha aperto il convegno il rettore, P. Jesùs Villagrasa, L.C.

Ecco il testo del saluto che il rettore ha rivolto ai presenti.

Carissimi convenuti, a voi tutti rivolgo il saluto più cordiale; al Decano della Facoltà di Teologia, P. Edward McNamara, al coordinatore del convegno, P. Nikola Derpich, e agli organizzatori rivolgo un sentito ringraziamento.

Il convegno organizzato l’anno scorso dalla nostra Facoltà di Teologia è stato dedicato al Filioque. In quella occasione, ho apprezzato molto che i relatori provenissero dalle diverse università e atenei pontifici romani. Quest’anno, invece, è motivo di vivo apprezzamento il fatto che quasi tutte le relazioni sono state affidate a docenti della nostra Facoltà di Teologia, ciascuno nell’ambito della propria specializzazione. In questo modo, questo Congresso è frutto della collaborazione del corpo docente della facoltà, maturato in vista di un approfondimento sistematico sul Regno di Cristo in quattro ambiti: biblico, storico, dogmatico e spirituale-pastorale.

Mi piace evidenziare un altro motivo di apprezzamento di questo convegno. Gli organizzatori, infatti, lo hanno ideato anche come contributo per la preparazione dell’anno giubilare della misericordia, ormai alle porte, e come contributo teologico al Giubileo per il 75esimo anno di vita della Legione di Cristo, congregazione religiosa che promuove l’«Ateneo Pontificio Regina Apostolorum» e che condivide il carisma del Movimento «Regnum Christi».

È chiaro che una più approfondita comprensione del Regno di Cristo non giova unicamente ai membri del Regnum Christi e alla Legione, ma a tutto il popolo di Dio. Tant’è che la Lumen Gentium (n.3) ci ricorda che la Chiesa intera è «il regno di Cristo già presente in mistero» e che per la potenza di Dio «cresce visibilmente nel mondo». Se ogni cristiano è avvolto in questo mistero del Regno ed è coinvolto nella sua crescita, allora una migliore comprensione o penetrazione in questo mistero sarà di enorme profitto spirituale e pastorale per tutti.

Mi limito ad accennare due aspetti dell’argomento di questo convegno che, a mio avviso, sono fondamentali. Due aspetti che, peraltro, sono stati indicati più volte da papa Francesco.

Il primo: fare sempre memoria che «Gesù non è un re alla maniera di questo mondo: per Lui regnare non è comandare, ma obbedire al Padre, consegnarsi a Lui, perché si compia il suo disegno d’amore e di salvezza» (cfr. Omelia, pronunciata in occasione della Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell´Universo, 23 novembre 2014).

Il secondo, si colloca in piena armonia con il primo come suo naturale sviluppo: ricorda papa Francesco che «la salvezza non comincia dalla confessione della regalità di Cristo, ma dall’imitazione delle opere di misericordia mediante le quali Lui ha realizzato il Regno. Chi le compie dimostra di avere accolto la regalità di Gesù, perché ha fatto spazio nel suo cuore alla carità di Dio. Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore, sulla prossimità e sulla tenerezza verso i fratelli. Da questo dipenderà il nostro ingresso o meno nel Regno di Dio, la nostra collocazione dall’una o dall’altra parte. Gesù, con la sua vittoria, ci ha aperto il suo regno, ma sta a ciascuno di noi entrarvi, già a partire da questa vita, facendoci concretamente prossimo al fratello che chiede pane, vestito, accoglienza, solidarietà. E se veramente ameremo quel fratello o quella sorella, saremo spinti a condividere con lui o con lei ciò che abbiamo di più prezioso, cioè Gesù stesso e il suo Vangelo!» (ibidem).

Carissimi docenti, studenti e amici tutti, riflessione teologica e vita devono camminare insieme se entrambe vogliono essere autentiche. Che cosa ha da dire un convegno sul Regno di Cristo agli uomini del nostro tempo? Come illumina le vicende umane di quest’ultima settimana, la tragedia di Parigi?

Pensateci… se non volete diventare teologi irrilevanti, insignificanti… Questo è stato il cammino indicato da papa Francesco nel videomessaggio al Congresso internazionale di teologia presso la Pontificia Università Cattolica Argentina, celebrato a Buenos Aires, dall’1 al 3 settembre 2015. Vi leggo un paragrafo che trovo molto significativo alla luce delle tensioni vissute attorno al recente Sinodo dei Vescovi sulla famiglia:

«Il cammino è la riflessione, il discernimento, prendere molto sul serio la Tradizione ecclesiale e molto sul serio la realtà, facendole dialogare. In questo contesto penso che lo studio della teologia assuma grandissima importanza. Un servizio insostituibile nella vita ecclesiale. Non sono poche le volte in cui si genera un’opposizione tra teologia e pastorale, come se fossero due realtà opposte, separate, che non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra. Non sono poche le volte in cui identifichiamo dottrinale con conservatore, retrogrado; e, all’opposto, pensiamo la pastorale a partire dall’adattamento, la riduzione, l’accomodamento. Come se non avessero nulla a che vedere tra loro. In tal modo si genera una falsa opposizione tra i cosiddetti “pastoralisti” e gli “accademicisti”, quelli che stanno dalla parte del popolo e quelli che stanno dalla parte della dottrina. Si genera una falsa opposizione tra la teologia e la pastorale; tra la riflessione credente e la vita credente; la vita, allora, non ha spazio per la riflessione e la riflessione non trova spazio nella vita. I grandi padri della Chiesa, Ireneo, Agostino, Basilio, Ambrogio, solo per citarne alcuni, furono grandi teologi perché furono grandi pastori».

Uno dei contributi principali del Concilio Vaticano II è stato proprio quello di cercare di superare questo divorzio tra teologia e pastorale, tra fede e vita. Oso dire che ha rivoluzionato in una certa misura lo statuto della teologia, il modo di fare e di pensare credente.

La mia lettera all’inizio dell’Anno Accademico sulla carità intellettuale e le opere di misericordia spirituali, voleva suggerire questa integrazione di vita. La nostra attività accademica, la nostra missione culturale, deve tradursi sul piano dell’apostolato e dell’impegno sociale nel costruire il Regno di Cristo. Infatti, insegna il Catechismo: «Si chiama apostolato» «tutta l´ attività del Corpo mistico» ordinata alla «diffusione del regno di Cristo su tutta la terra» (CCC, n. 863).

Non è un caso che l’anno giubilare incentrato sulla misericordia si concluderà proprio nella solennità liturgica di Gesù Cristo, Re dell’universo, il 20 novembre del 2016. È proprio la misericordia divina che edifica il Regno di Cristo. Perciò, san Giovanni Paolo II così motivava l’urgenza di annunciare e testimoniare la misericordia nel mondo contemporaneo: Il mistero di Cristo «mi obbliga a proclamare la misericordia quale amore misericordioso di Dio, rivelato nello stesso mistero di Cristo. Esso mi obbliga anche a richiamarmi a tale misericordia e ad implorarla in questa difficile, critica fase della storia della Chiesa e del mondo» (cfr. Dives in misericordia, n.15).

Pensando ai molti di voi, che sono vicini all’ordinazione sacerdotale concludo lasciandovi un’immagine: i dodici attorno alla Regina degli apostoli. Gesù ha scelto dodici uomini «perché stiano con lui e prendano parte alla sua missione»; li fa partecipi della sua autorità e li manda «ad annunziare il Regno di Dio e a guarire gli infermi» (Lc 9,2). Restano per sempre associati al Regno di Cristo, che, per mezzo di essi, guida la Chiesa” (CCC n. 551). Grazie!

Condividi