Missioni in Messico

La missione inizia quando torni a casa!

«Il punto non è quando sei in missione, ma quando torni a casa» ci dice Giorgia, appena rientrata dalle Missioni Estive in Messico con Gioventù Missionaria, «Dopo 20 giorni di convivenza con la gente del villaggio, dove sei abituata a salutare tutti, dove i bambini ti abbracciano quando ti incontrano per strada e ti aspettano, sulla porta, un’ora prima dell’inizio delle attività, diventi anche tu parte di quella comunità. Il problema, appunto, è quando torni a casa e ti rendi conto della superficialità dei discorsi che fai a volte, di quanto spesso ti arrabbi per un nonnulla e hai ancora negli occhi lo sguardo di quelle persone che non si lamentano mentre ti raccontano che non hanno soldi per mandare i figli a scuola, come succedeva qui nel Dopoguerra».

Dal 28 luglio al 20 agosto le ragazze, accompagnate dalle Consacrate del Regnum Christi sono state ad Aculco, paese a nord di Città del Messico, spostandosi ogni giorno nel piccolo villaggio di Bañé, sede della missione.

Un altro gruppo di ragazzi, con i sacerdoti legionari di Cristo, sono stati, negli stessi giorni, a Querétaro, dove hanno fatto anche assistenza sanitaria alle persone, grazie alla presenza di alcuni medici nel gruppo.

Nei primi giorni di missione i ragazzi hanno visitato Città del Messico, le piramidi, la “Villa de Guadalupe” per prendere conoscere la cultura messicana, il clima e l’alimentazione ma soprattutto per cominciare  a conoscersi fra loro, per diventare un vero gruppo. Dopo i primi giorni i due gruppi hanno raggiunto i rispettivi villaggi di missione: la mattina si faceva il giro della case, in gruppi di due o tre, per vedere quali fossero le necessità più impellenti; il pomeriggio ci si ritrovava tutti nelle vicinanze della parrocchia, per i giochi con i bambini e le attività di formazione con giovani e adulti.

La lingua non è stata un ostacolo. C’era sempre almeno una persona che parlava in spagnolo per fare da tramite tra le persone e i missionaria. Invece con i bambini basta uno sguardo e ci si capisce

«I bambini fanno il conto alla rovescia in attesa dell’arrivo dei missionari, “i ragazzi con le magliette bianche”. Quando arrivi in Messico, loro sanno già chi sei, ma sei tu che lo scopri solo andando avanti. Ti fanno vedere che indossano ancora la medaglietta che gli hai regalato l’anno prima. Ti fanno sentire il calore e la gioia di essere lì. Noi non siamo in grado di cambiare la loro situazione, ma gli brillano gli occhi quando ci vedono arrivare, perché la nostra presenza è un’esperienza forte che li accompagna di anno in anno. La loro gratitudine è sincera, sono poveri, sono umili ma non perdono per questo la loro dignità né la fede.

“La missione inizia domani”. Lo ripete ogni anno padre Francisco, nell’omelia dell’ultima messa ed è vero, perché quando torni a casa si apre un mondo, prendi consapevolezza di tante cose e ti senti come se loro avessero evangelizzato te! Ne ho parlato con altre persone, ho raccontato che esiste un mondo completamente diverso da quello che conosciamo e che la gente vive felice, si direbbe quasi più di noi».

Perché andare fino in Messico?

«Non tutte le persone sono uguali, ognuno sceglie le proprie battaglie, ognuno sceglie di occuparsi di qualcosa. È lo stesso principio per cui non tutti facciamo lo stesso lavoro. Ho un amico volontario alla Caritas, c’è chi entra nella Croce Rossa, o nella Protezione Civile e ci siamo anche noi, missionari, volontari, apostoli che ogni anno dedicano quasi un mese alle missioni in Messico. Le missioni aiutano prima di tutto i missionari a uscire da loro stessi, a guardare oltre la quotidianità. Il servizio che offriamo, il cibo e le medicine che regaliamo alla gente del posto sono solo una parte dell’esperienza che viviamo, noi insieme a loro. Portiamo un messaggio di speranza, d’amore ed è questo che fa la missione.

Mia sorella maggiore è stata la prima con cui ho parlato delle missioni. Lei mi ha incoraggiato a partire, “se hai il coraggio, vai, sono esperienze che non capitano tutti i giorni ma non è facile andare a servire persone che soffrono, ti può far sentire in colpa, impotente”.

Come rivivere quello spirito e tenerlo vivo, una volta rientrati in Italia?

La cappellania dell’Università Europea di Roma, dove studio psicologia, offre diverse attività. Prima di andare in Messico ho partecipato alle giornate di Angeli per un Giorno, alla Notte Missionaria e poi alle Missioni di Settimana Santa. È stato come fare un percorso per gradi, quasi una preparazione alla missione estiva, quando ancora nemmeno pensavo di andarci e di ogni attività conservo un ricordo.

Angeli per un giorno è stata la prima vera attività, mi ha fatto vedere Dio e la Chiesa in una prospettiva diversa. La messa nel campetto, i bambini, mi hanno portato a capire che le cose non sono così complicate come sembrano, Dio lo puoi trovare in ogni piccola cosa e alla fine si basa tutto su un concetto semplicissimo che è l’amore.

Il solo fatto di mettersi in movimento per donare il proprio tempo ad altri è un segno d’amore per loro e questo l’ho scoperto nelle Missioni di Settimana Santa: Dio ci ha amato e vuole che ci amiamo tra noi. Il nostro messaggio è un messaggio d’amore, è questa la differenza tra la missione e il volontariato.

Qual è il ricordo più forte che conservi delle Missioni Estive?

La missione ti fa fare i conti con te stessa, è questo che ho capito in Messico. All’inizio sei concentrata sulle attività che farai, sulle persone che incontrerai. Poi ti trovi ad affrontare una difficoltà che a casa tua è una cosa da nulla e invece, lontanissima da casa, ti smaschera a te stessa, scopre i tuoi limiti e anche i tuoi pregi.

Presa dalla vita di tutti i giorni puoi non renderti conto di come sei, mentre in missione hai il tempo di riflettere. Quando mi è venuta la febbre mi sono arrabbiata. Non potevo uscire e non sapevo come sfruttare quel tempo. Ero a metà della missione e ne ho approfittato per fare un bilancio di quelle giornate. Ho riconosciuto i miei limiti e poi ho affrontato la missione con un altro spirito.

La missione stessa è una prova: le arrabbiature, la competizione con le altre che può venire fuori, capisci che in alcune cose fino a quel momento ti eri risparmiata, per stanchezza o per pigrizia. La missione ha degli obiettivi concreti ma la vivi veramente quando ti doni alla missione e non ti accontenti di dare lo stretto indispensabile. Un sorriso, una stretta di mano, una parola sono piccoli gesti d’amore che fanno la differenza.

INFO: www.gfmissionaria.it

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